Shadowbox Effect

lunedì 25 febbraio 2013

Antichi egizi in America? lo proverebbero mais ed ananas!


Articolo di: Adriano Forgione


Durante il mio ultimo viaggio in Egitto ho scoperto alcuni particolari sfuggiti ai miei colleghi italiani e stranieri in grado di sovvertire la storia della navigazione. Secondo la versione ufficiale della storia, prima dell’arrivo di Colombo in America, nessuno era a conoscenza dell’esistenza del continente americano e le civiltà che si svilupparono prima del 1492 vissero in un “beato” isolazionismo ignare di grandi culture che sorgevano e collassavano sul suolo del continente oltreoceano. Esiste una versione alternativa però, definita Diffusionismo, che sostiene che le civiltà del Vecchio Mondo, già in antico sapevano dell’America, e con le sue civiltà commerciavano beni e scambiavano conoscenza. Esistono una serie di indizi archeologici e storici interessanti a sostegno che l’America fosse conosciuta prima di Colombo ma oggi possiamo avanzare l’ipotesi che già gli antichi egizi ebbero rapporti commerciali con l’America (forse vi giunsero con le loro navi, oppure ricevettero merci portate da altri popoli che avevano rapporti con i pre-colombiani). Tali indizi sono molto consistenti e li ho personalmente individuati tra reperti ufficiali conservati al Museo del Cairo. Nella sezione del museo destinata al periodo amarniano e al faraone Akhenaton vi è una teca con piccoli oggetti in faience trovati nelle tombe amarniane (1352-1295 a.C.). Alcuni sono certamente delle pigne ma due piccoli oggetti di colore verde, lunghi solo un paio di centimentri, riportano un lungo ciuffo di colore scuro. È chiaro e lampante che si tratti di ANANAS, in quanto le pigne non presentano tale ciuffo essendo un frutto di alberi di conifere e non un frutto di una pianta grassa che è originaria del Sud-America e portata in Europa ufficialmente solo dopo Cristoforo Colombo. Inoltre si osservi la direzione delle “scaglie”. In una pigna queste puntano verso il basso e ciò è ben riprodotto anche nelle pigne di faience egizie poste nella bacheca. Nell'ananas le scaglie puntano naturalmente verso l’alto e questo è quanto si vede dai due piccoli ananas di faience egiziani (ve ne è forse un  terzo, più grande, anch'esso di colore verde ma sembra aver perso il ciuffo). Il colore verde è naturale per gli anans colti acerbi. Dunque, cosa ci fanno degli ananas in Egitto se le culture d’Egitto e del Sud-America mai vennero ufficialmente a contatto?
L’unica risposta è che, per riprodurli così fedelmente, gli egiziani del periodo amarniano dovevano per forza di cose conoscere questo frutto, o per commerci diretti o indiretti. Nel secondo caso, qualcuno in America dovette comunque andarci per portarli con sé in Africa, dunque questi due ananas provano al di là di ogni ragionevole dubbio che l’America fu scoperta molto prima di Colombo. Furono gli egiziani? Non lo sappiamo ma questi reperti risalgono a circa 1300 anni prima di Cristo e sono osservabili oggi al Museo del Cairo.




 L’unica risposta è che, per riprodurli così fedelmente, gli egiziani del periodo amarniano dovevano per forza di cose conoscere questo frutto, o per commerci diretti o indiretti. Nel secondo caso, qualcuno in America dovette comunque andarci per portarli con sé in Africa, dunque questi due ananas provano al di là di ogni ragionevole dubbio che l’America fu scoperta molto prima di Colombo. Furono gli egiziani? Non lo sappiamo ma questi reperti risalgono a circa 1300 anni prima di Cristo e sono osservabili oggi al Museo del Cairo.
Un altro indizio è dato da alcune pannocchie di mais che, personalmente, credo di aver individuato tra i rilievi del tempio di Ramses II ad Abydo. Sulla parete interna destra del muro di cinta il dio del Nilo Api porta delle offerte. Due rilievi, uno successivo all’altro mi permettono di discutere la presenza di questa pianta americana da coltivazione tra gli egizi. Infatti in un rilievo Api porta dei pani, fichi, melograni, anatre e uva. Non c’è alcun dubbio che si tratti di uva. In quello successivo le offerte sono le stesse ma stavolta l’uva è stata sostituita da qualcosa di più allungato che di certo non è uva, né si tratta di pigne. Credo, anche se sono meno sicuro rispetto agli ananas del Museo del Cairo, che si tratti di mais. Sembra di ravvisarvi anche una delle classiche foglie allungate che ricoprono la spiga in quella a sinistra dell’immagine. L’uva, inoltre, come si evince dallo stesso bassorilievo posto di fianco sullo stesso muro, ha ben altro aspetto, molto più riconoscibile.


L'Uva è ben riconoscibile tra le offerte del dio Api (Tempio di Ramses II- Abydo - Foto © Adriano Forgione)




Nel pannello successivo l'uva è sostituita dal mais (Tempio di Ramses II - Abydo - Foto © Adriano Forgione)

Dunque , chi porto ananas e mais in Egitto se mai queste culture vennero a contatto? La risposta è solo una, non solo la storia della navigazione va riscritta, ma è l'intera storia della civiltà a dover essere oggetto di revisione.

giovedì 21 febbraio 2013

Questa si che è una vera Canagliata Archeologica!!


Vi anticipo, che sto per chiedervi uno sforzo davvero sovrannaturale: dovrete guardare un video tratto tratto dalla trasmissione "Mistero". 

Vi suggerisco qualche dritta in modo da salvare il più possibile la vostra sanità mentale: Saltate pure a piè pari  il pippone su Stonehenge, ma subito inizia la parte migliore del servizio: il megapippone sulla "Stonehenge Italiana", che si troverebbe in provincia di Brescia.

Da questo punto in poi la difficoltà per seguire il servizio sarà notevole e la vostra sanità mentale sarà messa a durissima prova, ma VI PREGOVIPREGOVIPREGO cercate di arrivare fino al punto in cui, l'esperto di archeologia misteriosa di turno, ci spiegherà perché è stata costruita la struttura oggetto del servizio.

Potete farcela....in bocca al lupo!!!!


http://www.video.mediaset.it/video/mistero/puntate/302683/stonehenge.html







martedì 12 febbraio 2013

Scoperta una porta segreta a Machu Pichu: gli archeologi vogliono entrare!


Potrebbe essere una delle scoperte più notevoli realizzate nel famoso sito archeologico di Machu Pichu, ma la burocrazia sta mettendo i bastoni tra le ruote agli archeologi.

Per più di quindici anni, Thierry Jamin, un archeologo e esploratore francese, ha vagato per la giungle del sud del Perù in ogni possibile direzione, alla ricerca di indizi sulla civiltà Inca nella foresta amazzoni e della leggendaria città di Paititi, una città perduta dell'epoca pre-inca, che si dice essere esistita ad est delle Ande, nascosta da qualche parte nella foresta pluviale.

Nel corso di diverse esplorazioni nella giungla di Madre de Dios, l'avventuriero francese ha studiato le misteriose piramidi di Paratoari, conosciute anche come Piramidi di Pantiacolla, 12 monticcioli di circa 150 metri di altezza, individuate per la prima volta dai satelliti della NASA negli anni Settanta. La stessa spedizione è stata occasione anche per uno studio approfondito delle incisioni rupestri di Pusharo, segni incisi nella roccia considerati dagli esperti come i più importanti dell'Amazzonia.

Dopo la scoperta di una trentina di siti archeologici a nordi di Cuzco, rinvenuti tra il 2009 e il 2011, che comprendono numerose fortezze, sepolture cerimoniali e centri urbani composte da centinaia di edifici e strade, Thierry Jamin ha intrapreso l'esplorazione di Machu Picchu.
Alcuni mesi fa, nel corso dello studio del sito, Jamin e il suo team hanno fatto quella che pensano sia una scoperta archeologica più straordinaria dai tempi della scoperta della antica città Inca ad opera di Hiram Bingham nel 1911. La scoperta è avvenuta grazie ad una segnalazione di un ingegnere francese, David Crespy.

Nel 2010, mentre era in visita a Machu Pichu, Crespy notò la presenza di uno strano rifugio situato nel cuore della città, in fondo a uno degli edifici principali. L'ingegnere non ebbe dubbi: stata guardano una porta, una sorta di ingresso sigillato dagli Incas. Nel mese di agosto 2011, lesse per caso un articolo sul quotidiano francese Le Figaro che parlava di Thierry Jamin e il suo lavoro in Sud America. Immediatamente decise di contattare l'esploratore francese.

Thierry ascoltò con attenzione il resoconto di Crespy, decidendo di voler verificare la storia andando direttamente sul posto. Accompagnato da un gruppo di archeologi dell'Ufficio Regionale della Cultura di Cusco, l'archeologo riusci a visitare il sito per diverse volte. Le sue conclusioni preliminari furono inequivocabili: si trattava di un ingresso in una camera sconosciuta di Machu Pichu, che gli Incas avevano bloccato per una qualche ragione ignota.

Tra l'altro, Thierry si rese conto che il sito somigliava stranamente ai luoghi di sepoltura che lui e suoi compagni avevano individuato nelle valli di Lacco e Chunchusmayo. La posizione della “porta” al centro di uno degli edifici principali della città, e che domina l'intera area urbana, ha portato Thierry a ipotizzare che possa trattarsi di una sepoltura di primaria importanza.

Le tradizioni inca e alcune cronache, come quella di Juan de Betanzos, sostengono che Pachacutec, l'imperatore considerato come il fondatore dell'Impero inca, sia sepolto proprio a Machu Pichu. E' possibile che il recinto funerario sia proprio il sepolcro dove riposa la mummia del nono sovrano del Tawantinsuyu (Impero Inca). Fino ad oggi, nessuna mummia della stirpe degli imperatori inca è mai stata trovata. Sarebbe una scoperta senza precedenti.
Al fine di confermare l'esistenza della cavità nel seminterrato del palazzo, a dicembre del 2011, Thierry e il suo team hanno presentato una richiesta ufficiale al Ministero della Cultura di Lima per effettuare delle indagini geofisiche con l'aiuto di strumenti per la risonanza elettromagnetica. Nell'aprile del 2012 il ministero ha dato il via libera agli archeologi.

Le indagini effettuate tra il 9 e il 12 aprile, non solo hanno confermato la presenza di una stanza sotterranea, ma addirittura di diversi ambienti! Appena dietro il famoso ingresso, è stata rilevata quella che sembra essere una scala.
Le risonanze hanno mostrato l'esistenza di due percorsi che sembrano portare alle varie aree del sotterraneo, tra cui una principale di forma quadrata. Inoltre, il georadar ha rilevato una grande quantità di depositi di metallo, presumibilmente oro e argento.
Infine, l'uso di telecamere endoscopiche conferma l'ipotesi che i blocchi di pietra disposti all'ingresso dell'edificio hanno la sola funzione di nascondere e proteggere il passaggio e non a sostenere le strutture edilizie come si è sempre pensato. Ampi spazi vuoti lasciano ipotizzare l'esistenza di un misterioso corridoio.
Thierry Jamin e il suo team non avevano torto. Si tratta di una porta chiusa dagli Incas per nascondere qualcosa di molto importante. Questo è forse il principale tesoro archeologico di Machu Picchu.

Tutto sembrava andare per il meglio e Thierry e il suo team si stavano preparando per il passo successivo: l'apertura dell'ingresso sigillato dagli Incas più di cinque secoli fa.
Il 22 maggio 2012, Thierry ha presentato una richiesta alle autorità peruviane per un nuovo progetto di ricerca archeologica (con scavo) per procedere con l'apertura delle camere. Ma con una risposta arrivata il 5 novembre del 2012, il Ministero della Cultura di Lima, questa volte ha dato picche!

Evidentemente, la posta in gioco è molto alta. Si parla di una delle scoperte più importanti per l'archeologia del Sud America e non si fa fatica ad immaginare le pressioni degli archeologi locali che temono di farsi soffiare la scoperta da un europeo. Inoltre, si parla di grosse quantità di oro e di argento, fatto che ha spinto i funzionari governativi ad una riflessione più prolungata. 

Ma Thierry Jamin, da buon esploratore, non si è perso d'animo e il 5 dicembre 2012 ha presentato una nuova richiesta alle autorità peruviane, invitandole a riconsiderare la loro decisione. A questo punto, non possiamo fare altro che attendere!








martedì 5 febbraio 2013

Trovate tracce di droga nelle mummie, anche i Faraoni usavano la cocaina?

I Faraoni non credo, altre persone sicuramente ne abusano!! ;)


BERLINO. Gli egiziani facevano uso di droghe? La risposta potrebbe essere positiva. Per la prima volta, infatti, scienziati tedeschi hanno rinvenuto tracce di hashish, nicotina e cocaina nei capelli, nelle ossa e nei muscoli di mummie egizie. La scoperta, senza precedenti, e' stata resa nota da Gisela Grupe, dell' Istituto di antropologia e genetica umana di Monaco di Baviera. Piuttosto sorprendente . ha sottolineato la scienziata . e' il rinvenimento dell' alcaloide cocaina, conosciuto come derivato da arbusti originari delle Ande peruviane e boliviane. Stesso discorso per il tabacco che e' stato importato anch' esso dall' America. I ricercatori tedeschi non azzardano congetture, ma non hanno dubbi sulla "positivita' " delle mummie, il che potrebbe anche costituire una fortunata convalida di teorie discusse, come quella del grande esploratore norvegese Thor Heyerdal, secondo il quale egizi e fenici furono i primi ad attraversare l' Atlantico e a "scoprire" l' America. La scoperta, fatta su mummie risalenti a un periodo compreso tra il 1070 avanti Cristo e il 395 dopo Cristo . ha detto Grupe . potrebbe portare a nuove conoscenze sui rapporti sociali in Egitto. Prima però dovrà essere accertato che le sostanze non siano venute in contatto con le mummie in periodi successivi.