PISA – Nessuno avrebbe
potuto immaginare che quel sepolcro di settecento anni conservasse ancora
oggetti dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo, il sovrano che Dante indica
nella Commedia come il salvatore di quell’Italia «nave senza
nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello!» divisa, alla
deriva e oppressa. Ed invece i ricercatori, guidati dall’antropologo Francesco
Mallegni, che hanno aperto la tomba che si trova nel Duomo di Pisa accanto alla
Torre pendente, non hanno recuperato solo i resti del sovrano (che saranno
analizzati) ma anche alcuni oggetti straordinari. Tra questi un grande telo di
seta lavorato con i leoni imperiali, lo scettro, la corona imperiale e il globo che
l’imperatore teneva in mano; probabilmente uno dei ritrovamenti di epoca
medioevale più importanti mai rinvenuti.
L’ANNUNCIO - La notizia
è stata confermata durante l’apertura del convegno «Enrico VII, Dante e Pisa, a
settecento anni dalla morte dell’imperatore e dalla Monarchia» che si è aperto
giovedì mattina nella appena restaurata Sala delle Baleari di Palazzo
Gambacorti, sede del Comune di Pisa. Il convegno è organizzato dai docenti
universitari Marco Santagata, tra i massimi esperti mondiali di Dante e da
Giuseppe Petralia, storico e dall’Opera del Duomo, l’organismo di studiosi che
sovrintende ai monumenti di Piazza dei Miracoli.
IL SARCOFAGO -
L’imperatore del Sacro romano impero morì prematuramente a 38 anni il 24 agosto
del 1313 a Ponte d’Arbia (in provincia di Siena) e fu sepolto a Pisa. Il
sarcofago di Enrico VII (conosciuto anche come Arrigo VII) è stato realizzato
da Tino di Camaiano, allievo di Giovanni Pisano, nella cattedrale pisana. Fu
poi in parte smantellato e danneggiato da un incendio alla fine del
Cinquecento. Marco Gasperetti