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lunedì 28 gennaio 2013

Lo Hobbit dell'isola di Flores: il vero volto dell'Homo Floriesiensis



Alla vigilia dell'uscita della versione cinematografica di Peter Jackson de Lo Hobbit di Tolkien, i ricercatori Australiani cercato di ricostruire il volto del fossile umano denominato Homo Floriesiensis

I ricercatori hanno analizzato  resti fossili portati alla luce dal professor Mike Morwood all'interno della grotta di Liang Bua sull'isola di Flores, in Indonesia nel 2003.

Lo scheletro individuato ha circa 18.000 anni e prende il soprannome di "Hobbit"  a causa della sua bassa statura. L'altezza stimata è di circa 130 cm. e sulla base dei resti, che sono stati scoperti si dovrebbe trattare di un esemplare di sesso femminile di circa 30 anni di età

È stato suggerito che l'individuo scoperto potesse essere un discendente nano dell'Homo erectus (o di un suo sconosciuto progenitore, comune all'Homo erectus e all'Homo floresiensis), che, capitato per caso sull'isola e restato in seguito isolato, avrebbe subito un'evoluzione separata, caratterizzata dal fenomeno del nanismo insulare, conosciuto in diversi casi per le specie animali. L'ipotesi è stata poi  scartata per le evidenti differenze fra le proporzioni degli arti e la morfologia del cranio esistenti fra H. erectus e H. Floriesiensis.
La piccolezza del cervello (solo 380 cc), il rapporto tra massa cerebrale e massa corporea e dimensioni degli arti lo rende più prossimo a Lucy, ossia all'Australopiteco Afarensis (vissuto 3,2 milioni di anni fa).

La presenza di lobi frontali sviluppati, indipendentemente dalle dimensioni, sembra comunque rendere possibile che l'industria litica abbastanza raffinata trovata insieme ai resti scheletrici, sia opera di questo uomo, e ci sono dati che provano un suo utilizzo del fuoco e la caccia di animali di grande taglia.

Il procedimento adottato per la ricostruzione del viso dell' Homo Floriesiensis nei media è spesso chiamato "ricostruzione facciale", ma in campo archeologico, si preferisce il termine "approssimazione del viso".

Il dottor Hayes ha descritto il procedimento per la ricostruzione  del volto come una sfida straordinaria data l'antichità del reperto considerato e la difficoltà di lavorare sui resti di un ominide arcaico. Il dottore ha anche dichiarato: "Mi ha preso un po' più  tempo di quanto avessi previsto, ha causato più di qualche mal di testa lungo la strada, ma sono soddisfatto sia per lo sviluppo metodologico che dei risultati finali."










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